Categoria:

Esperienze

Da Tordomatto, i sapori autentici di Roma diventano una Stella Michelin

Dimenticatevi la Carbonara, l’Amatriciana e la Gricia. I piatti romani che propone il ristorante Tordomatto sono quelli più popolari, un pò dimenticati, che lo chef Adriano Baldassare recupera dal passato per portarli a nuova vita.

Coda alla vaccinara, coratella, animelle… Com’è possibile valorizzare questi ingredienti tanto da farli diventare dei piatti Michelin? Con questa domanda iniziamo la nostra esperienza da Tordomatto.

Entriamo nel ristorante. Un locale sobrio ma intimo, che diventa subito caloroso grazie all’ospitalità con cui veniamo accolti. Di sottofondo, una colonna sonora delle canzoni italiane del passato, che accompagneremo canticchiando per tutta la sera.  L’atmosfera ci piace.

Poi arriva il menù. Siamo curiosi di scoprire lo Chef Adriano Baldassare nella sua essenza, così decidiamo di seguire il percorso “Tradizione in-Progressione”.  Un viaggio di 10 portate che ripercorre la tradizione dei quartieri di Roma e dintorni, attraverso uno sguardo più moderno.

In questo percorso ci accompagna Il maitre e sommelier Simone Romano, che ci spiega aneddoti e particolarità della storia di Roma che hanno ispirato i piatti dello Chef.

Il racconto che mi ha incuriosito di più è stato proprio quello del benvenuto: un bigné salato con prosciutto, fichi e foie gras.  Dove scopro che il foie gras non è una contaminazione francese, bensì un ingrediente già ampiamente utilizzato nella cultura romana antica. Tanto che la parola “fegato” deriva dal latino “ficatum” proprio perché descrive quella parte dell’oca che si mangiava insieme ai fichi. Un abbinamento così forte, da aver dato origine alla parola stessa. E che rende il gusto del classico “prosciutto e fichi” ricco e affascinante.

Così dal primo boccone mi lascio piano piano conquistare da questa ricerca accurata e dettagliata del passato. Un passato che diventa subito nobile, moderno, avvolgente.

Questa sensazione la vivo in particolare quando assaggio la coratella con la salvia, un aperitivo tipico delle fraschette dei Castelli Romani. Che da Tordomatto diventa una pralina elegante, preziosa, che si scioglie in bocca. Bella da vedere, e con un sapore esplosivo.

La stessa esplosione di gusto la sento anche per la coda alla vaccinara. Me ne innamoro appena la vedo arrivare in formato mini, dorata e fritta, servita su un piatto rialzato di argento. “Preparata con il sugo ristretto al cacao, come vuole la tradizione” ci dice il maitre Simone Romano. E da mangiare con le mani. Una delizia assoluta, il mio piatto preferito.

Mi piace molto questa idea di vedere ingredienti poveri e scartati diventare protagonisti di piatti ricchi e succulenti. Che in alcuni casi vengono reinterpretati per renderli più attuali ma che in altri casi ci vengono presentati così, puri.

Come le animelle con carciofi e mentuccia, della zona di Trastevere. O i Ravioli di broccoli in minestra di arzilla, del quartiere Ripa. O ancora, la Vitella alla Fornara del rione Testaccio.

Questi piatti ci vengono presentati nella loro immensa semplicità, sia del punto di vista della cottura che dal punto di vista della presentazione. Semplici quanti complicati. Perché è grazie all’estrema cura e rispetto con cui l’ingrediente viene preparato, che lo Chef riesce a ridisegnarne l’esperienza, valorizzandone gusto e percezione.

Lascio un piccolo spazio per il dolce ed entriamo nella zona del ghetto ebraico. Lo Chef ci propone il pane challah rivisto con il burro e presentato a forma di rosa. La mia felicità nell’intingere questa brioche calda nel burro vanigliato, nella marmellata di arancia e nello zabaione al marsala è davvero indescrivibile. Anche qui piena vittoria della semplicità.

A firmare questa cucina arriva lui, lo Chef Adriano Baldassare. Un cuoco giovane, accogliente, sorridente. Che si ferma a parlare con noi. A raccontarci di lui e ad interessarsi di come abbiamo vissuto questa esperienza. Assolutamente magica.

Lo Chef ci saluta invitandoci a scoprire la sua nuova trattoria popolare che ha aperto sull’Appia, l’Avvolgibile. E noi, non possiamo che appuntarci questo nome e prometterci di andarlo a trovare nella sua nuova esperienza romana.

Link utili:


Tordomatto

tordomattoroma.com

14 Aprile 2019
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
L’incantevole Buenos Aires con cena finale da Chila

Il mio 2019 è iniziato con un viaggio suggestivo che mi ha portato in Argentina.

Il punto di partenza è stata la vibrante Buenos Aires. Ho sempre avuto un’altissima aspettativa di questa città e devo dire che Buenos Aires si è rivelata davvero stupenda. Ho amato la vastità delle sue aree verdi e la diversità delle zone da visitare che mostrano piano piano una città con tante sfumature.

Il posto che ho adorato in assoluto è Palermo, elegante e vivace con gli innumerevoli locali, ristoranti e boutique in ogni via. Poi c’è la Recoleta, la zona più chic con il suo stile parigino e luogo di concentrazione delle principali attrazioni culturali della città.

Totalmente diversa è la coloratissima La Boca, nata come quartiere dei poveri immigranti italiani, oggi zona turistica, famosa per il calcio. Luogo “cult” del week end invece è San Telmo, con il suo mercatino di street food e pezzi di antiquariato. E infine c’è Puerto Madero, la zona più moderna di Buenos Aires con i grattacieli, hotel e ristoranti affacciati sul rio de la Plata.

 

Ed è proprio a Puerto Madero che si trova l’imperdibile Chila, uno dei 50 migliori ristoranti dell’America Latina. E questo posto ha davvero tirato fuori non solo la mia passione per il cibo ma anche quella per il marketing. Perché, oltre al delizioso menù degustazione, sono stati i piccoli dettagli che hanno fatto davvero la differenza.

E questa differenza si è vista dal primo momento. Quando si parte con una magnifica presentazione si capisce subito il posizionamento dello chef. Ed è questa la sensazione che ho avuto appena seduti, quando ci hanno portato una scatola da aprire in cui abbiamo trovato il menu con la cartina dell’Argentina in cui erano segnate le origini degli ingredienti utilizzati nei piatti.

E’ stato un piccolo gesto ma ricco di profondità perché per tutta la sera ho avuto la possibilità di cercare nella cartina gli ingredienti che mi hanno permesso di scoprire meglio i sapori di tutta l’Argentina. Alcuni di questi cibi locali non me li immaginavo, come la trota e le ostriche, altri invece sono un “must”, come la carne argentina. 

Che qui si mangia “dry-aged” ovvero con una tecnica di “maturazione” a secco che rende la carne particolarmente saporita e tenera. Da veri intenditori.

Un altro piccolo dettaglio che ho apprezzato molto è stato il mate. Si tratta di una tipica bevanda del Sud America che si prepara con la Yerba Mate e che ricorda il tè, anche se le modalità di infusione e di assunzione sono completamente diverse. Entrambi richiedono infatti l’uso di una speciale tazza ed una cannuccia di metallo (la bombilla) che devono essere utilizzati con una tecnica precisa per poter preparare il mate. Bevanda che poi viene consumata in compagnia passando tazza e cannuccia da persona a persona. Un rito e una vera tradizione qui in Argentina, che risulta un pò incomprensibile per chi lo assaggia per la prima volta visto che il mate, di base, ha un sapore amaro ed intenso che non lo rendono particolarmente gradevole. Almeno questa è stata anche la mia sensazione.

E poi sono venuta da Chila e ho capito che il mate sapientemente preparato è tutta un’altra storia. Le erbe erano state infuse con del gin e del limone. Mi sono fatta assorbire dal sapore profumato e delicato di questo mate che mi ha finalmente fatto capire l’aspetto piacevole e socializzante di questa bevanda così popolare in Argentina.

Ultimo piccolo dettaglio della serata è stata la parte finale. Sono un’amante dei “saluti” perché ricevere un piccolo ricordo finale non è scontato ed è sempre ben gradito. E da Chila abbiamo ricevuto due piccole bottigliette di chimichurri rossi (nelle dimensioni per essere trasportate in un bagaglio a mano) ovvero una miscela di spezie ed erbe aromatiche che viene utilizzata in Argentina per marinare la carne, prima della cottura alla griglia.

Lo proveremo sicuramente a Roma quando vorremo fare un bel asado, ma per adesso ci siamo goduti questa bellissima cena affacciati sul Rio de la Plata.

 

Link utili:


Chila

chilarestaurant.com

17 Febbraio 2019
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Il mio Natale farcito e ricoperto

Tempo freddo, giornate corte, traffico da impazzire.

Questi mesi mi hanno assorbito completamente, mi sono ritrovata a correre dietro a lunghe liste di cose da fare ed i giorni sono passati senza accorgermene.

Ed è proprio quando tutto sembra così frenetico e caotico, che diventa ancora più importate trovare dei piccoli rifugi dove fermarsi per qualche ora e spezzare anche momentaneamente il vortice.

Io sono riuscita a trovare questi momenti di tranquillità quasi per caso, scoprendo un luogo magico che ha appena inaugurato la mia amica Antonella a Roma: l’ Ex-lavatoio, uno studio che organizza workshop creativi sempre diversi e ispirazionali. Il primo a cui ho partecipato è stato il corso di flower cake di Elena Maria Cito, una ragazza talentuosa e carinissima che decora delle stupende #tortecoifiori.

Ed è stata proprio la combinazione di questi elementi, persone e luogo, incontri ed ispirazioni, che mi hanno fatto sentire nel posto e momento giusto per me, mentre tutti fuori si affannavano per correre da qualche parte.

Senza parlare del mix di relax e di creatività che ho scoperto proprio nel farcire le torte, glassarle, spatolarle, e poi decorarle. Quel lavorare il mascarpone, la panna, lo zucchero a velo e vedere come tutto questo bianco prende forma e si distende… per me è stato come tuffarmi e perdermi in un letto morbido e bianchissimo.
Ed ecco allora che ho pensato di riutilizzare la ricetta che ho imparato nel corso per farcire e ricoprire un bel panettone da portare a Natale, che poi ho decorato con qualche elemento natalizio.

Ho deciso di fare questa sorpresa perché Il Natale è il mio periodo preferito, è il momento in cui si preparano le cose per fare stare bene soprattutto gli altri, le persone care, le nostre famiglie.

E’ il periodo in cui ci si ferma dopo una corsa che sembra infinita.

E’ il periodo del tempo di qualità, della voglia di stare insieme.

Eccolo, allora, il mio Natale in un Panettone… farcito di amore e ricoperto di felicità.

 

 

Link utili:


Ex-Lavatoio

ex-lavatoio

Tortecoifiori

tortecoifiori.com

13 Gennaio 2019
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
le Langhe, il Roero e le Demarie

E’ sicuramente uno dei posti che mi è rimasto più nel cuore: Le Langhe, dipinte con i colori dell’autunno. Basta un attimo per sentirsi riconciliati con la natura. Con i suoi colori, le distese di vigneti. Con i suoi sapori: tartufo, Barolo, Barbaresco, i dolci Baci di Cherasco.

I posti da scoprire sono interminabili, non basta una visita. Anzi, il bello è proprio pensare ad un appuntamento che si ripete ogni autunno: un luogo che ti aspetta ma che non è mai uguale a se stesso.

O quasi. Perché alcuni posti, in verità, non li cambierei per nulla al mondo.

Come l‘Agriturismo la Felicina a Cherasco. Una tenuta lontana dalla confusione ma vicina a tutti i luoghi di interesse. L’accoglienza di Titta e Dario, poi, ha il calore di casa. Basta pensare che nella loro tenuta hanno creato un pensione per i cavalli che, non potendo più gareggiare, andrebbero incontro ad un triste destino.

Per non parlare del profumo dell’uva fragolina che innonda il patio. Delle crostate fatte in casa che addolciscono il risveglio. O dei colori della piscina che scivolano nelle vallate delle Langhe.

La loro accoglienza si traduce in una miniera di consigli ed informazioni utili. Grazie a loro, siamo andati a visitare l’azienda agricola Demarie e abbiamo potuto assaporare una delle degustazioni di vino più autentiche, fuori dai luoghi più industriali e turistici.

 

Eravamo partiti per scoprire le Langhe e loro ci hanno fatto innamorare del Roero, un territorio ancora poco toccato dal turismo di massa. Abbiamo visitato le cantine, abbiamo assaggiato i loro vini pregiati, il tutto in una location con il giusto mix tra moderno e tradizionale.

Com’è finita? Siamo tornati a Roma e abbiamo ordinato ben 12 bottiglie di vino tra Arneis, Spumante, Roero Riserva, Barolo e Barbera. La consegna è stata perfetta. Come il nostro momento del brindisi

Link utili:


Agriturismo La Felicina

la felicina.com

Azienda Agricola Demarie

demarie.com

3 Ottobre 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Estate in Costa Rica: il gusto della pura vida

Per le vacanze estive di quest’anno abbiamo scelto un paese poco visitato ma che nasconde una ricchezza indescrivibile: il Costa Rica.

In due settimane abbiamo visitato la capitale San José, ci siamo spostati nella parte caraibica fermandoci al Tortuguero, ci siamo immersi nelle zone centrali per scoprire Vulcani e foreste pluviali fino ad arrivare al mare di Tamarindo, per gustarci il relax nel lato Pacifico del Paese.

L’elemento che colpisce di più in questo Paese è sicuramente la Natura… verde, florida, luogo di rifugio di tantissimi animali.
Noi siamo riusciti a vederli (quasi) tutti: dal magico spettacolo delle tartarughe che depongono le uova nel Tortuguero, ai bradipi che dormono nelle riserve della Fortuna, alle scimmie che popolano gli alberi a Tamarindo, fino agli animali notturni che vivono nelle foreste tra cui tarantole e vipere.
Per quanto riguarda la cultura culinaria, invece, il Costa Rica non vanta grandi piatti.  Ciò nonostante, si possono trovare diversi locali a connotazione più internazionale che vale la pena provare per assaporare le tendenze culinarie del Pease. Ecco i miei locali preferiti:
1) Restaurante Silvestre a San José
Parto dalla fine perché è stato l’ultimo ristorante in cui abbiamo mangiato prima di tornare in Italia. Ma per la qualità del cibo e l’idea dei piatti si posiziona sicuramente al primo posto. Noi abbiamo scelto il menu degustazione che è un vero e proprio racconto del Costa Rica, delle sue maschere, le sue tradizioni, i suoi paesaggi e la sua storia. Ogni piatto rappresenta un pezzo di questo racconto che viene reinterpretato in maniera innovativa e ricercata. Assolutamente da non perdere.
2)  Park Cafe a San Josè
Questo, invece, è stato il primo ristorante che abbiamo assaggiato in Costa Rica. Neanche il tempo di riprenderci dal fuso che già eravamo a cena al Park Cafe, un ristorante francese all’interno di una boutique di antiquariato con giardino. Location stupenda, ospitalità molto gradevole con lo chef Richard Neat e la sua fidanzata che ci hanno accolti e trattati con professionalità e gentilezza. Noi abbiamo optato per il menu degustazione che si basa su un’idea molto carina: quella di assaggiare entrambe le opzioni che vengono proposte per ciascuna portata. Alla fine si ha un’idea generale della cucina di Richard Neat: presentazione di grande effetto, buonissimi i piatti di carne e il fondente al cioccolato.
Cosa non perdere a San Jose: l’escursione alla Paz, per vedere le cascate e gli animali del Costa Rica

3) Chocolate Fusion a La Fortuna
Girovagando per la cittadina abbiamo trovato questa cioccolateria meravigliosa. Si tratta di un localino piccolino ma pieno di qualsiasi prelibatezza: cioccolato bianco, fondente o al latte con qualsivoglia combinazione dal tamarindo, alla Pina colada passando per le opzioni più classiche al caffè. Noi abbiamo preso una confezione da nove cioccolatini, che sono spariti nel giorno di mezz’ora.

 

Da non perdere a La Fortuna: le terme al Tabacon, l’escursione al Rio Celeste, ma soprattutto la visita alla riserva di Bogarin per vedere il bradipo e la rana ai millecolori.

4) El Jardin a Monteverde
Addentrandoci nella parte centrale del Costa Rica abbiamo deciso di soggiornare al Monteverde Lodge & gardens e non ci potevamo innamorare di posto più suggestivo: in mezzo alla foresta, con la migliore ospitalità del paese. Anche il ristorante non è stato da meno: dall’aperitivo davanti al fuoco del cammino fino alla cena è stato tutto perfetto, soprattutto quando abbiamo assaggiato il delizioso lomito (filetto) cucinato alla perfezione.

Da non perdere a Monteverde: la zipline in mezzo alla foresta

5) Coco Loco a Playa Flamingo
Come ultima tappa arriviamo al mare. Anche se di base stavamo nella playa Tamarindo che vanta tantissimi ristoranti, noi siamo rimasti particolarmente colpiti da questo localino sulla playa flamingo: il Coco Loco. A conquistarci sono state le due ceviche di pesce: una con tonno e cocco, l’altra con spigola e ananas… entrambe servite dentro i gli stessi frutti… davvero squisite!
Dopo un pranzo così, la cosa più bella è stata rilassarsi nella bellissima playa Flamingo, sdraiandosi sulla lunga spiaggia bianca quasi deserta, ad ascoltare il rumore delle onde.
Ed è con questa immagine che abbiamo salutato il Costa Rica, portandoci dentro questa bellissima sensazione di cosa significa vivere la pura vida.

Link utili:


Restaurante Silvestre

restaurantesilvestre.com

Park Café

parkcafecostarica.com

Monteverde Lodge & Gardens

monteverdelodge.com/restaurant

Coco Loco

cocolococostarica.com

9 Settembre 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Un’esperienza da sogno al Six Senses in Oman

Dopo le nostre giornate ricche di cose da fare a Dubai, abbiamo deciso di concederci due notti al Six Senses Zighy Bay in Oman, per rilassarci prima del ritorno a Roma. Il Six Senses è un resort che dista sole due ore di macchina da Dubai e che supera qualsiasi immaginazione: una vera e propria gemma nascosta nella Musadam Peninsula in Oman.

Per passare la frontiera bisogna affittare una macchina oppure organizzarsi con un transfer direttamente presso il resort. Noi abbiamo scelto questa seconda opzione e la consiglierei a chiunque perché la traversata per arrivare al Six Senses è spettacolare ma decisamente tortuosa! Passata la frontiera con Dubai, abbiamo attraversato le montagne del caloroso deserto per poi trovarci davanti ad uno scenario spettacolare: un lembo di spiaggia bianca affacciata sul golfo dell’Oman. Tutto intorno, roccia e deserto.

Per i più avventurosi, è possibile anche “buttarsi” da queste montagne con il parapendio per arrivare direttamente al resort. Noi, decisamente meno temerari, abbiamo scelto di continuare con la discesa “soft” a bordo del nostro fuoristrada che ci ha portati fino a questo lembo di sogno.

La sensazione che abbiamo provato appena arrivati al Six Senses è quella di sentirsi felicemente sperduti dal mondo ma coccolati da tutte le possibili attenzioni.

Arrivati alle stanze siamo rimasti senza parole. Ogni stanza è una villetta con piscina, ad un passo dal mare. Da una parte ti viene voglia di non uscire mai di casa. Dall’altra, il paesaggio fuori è talmente suggestivo che vorresti solo correre sulla sabbia soffice e tuffarti felice nel mare turchese, trasparente, caldo. Una pace infinita.

E poi, arriviamo alla parte che non può mancare: il buon cibo.

La prima sera siamo andati al Sense on the Edge, il “signature restaurant” del resort con una stella Michelin.

Abbiamo preso il menu degustazione a 5 portate, ma la parte più bella è stata ammirare il paesaggio spettacolare che si vede dal ristorante, posizionato in cima alle montagne. Davvero romantico.

Come cibo invece ho preferito quello più tradizionale della seconda sera, la cena beduina. Abbiamo iniziato con dei fantastici meze misti a base di hummus, baba ganoush e falafel. Quando l’appetito è salito al punto giusto, è arrivato il piatto forte: la carne di agnello, con tanto di dimostrazione dello chef.

Prima di tutto, lo chef ci ha spiegato che la carne era stata precedentemente avvolta nelle foglie di vite e poi ricoperta di carta di alluminio. Dopodiché era stata inserita all’interno di una “botola” di ferro posta sotto la sabbia, all’interno della quale la carne si è cotta lentamente per ore sotto il calore naturale del terreno. Lo chef ci ha spiegato che questo tipo di cottura rende la carne specialmente morbida e succosa. E, infatti, una volta tirata fuori dalla sabbia e dall’involucro di foglie di vite, abbiamo sentito sprigionarsi un profumo indescrivibile.

Pochi minuti dopo, l’agnello ci è stato servito con del riso, arachidi e pinoli. E il risultato ha più che soddisfatto le nostre aspettative: dal profumo alla consistenza della carne fino al gusto finale del piatto. Un’esperienza che ricorderemo per molto tempo.

Per finire abbiamo assaggiato il dolce umm’alia base di pane, latte e frutta secca. E’ un dolce povero ma squisito, proprio per questo si narrano diverse leggende sul suo conto. La più bella, secondo me, racconta di un sultano che dopo un lungo viaggio nel deserto, decise di fermarsi in un piccolo villaggio molto povero. Umm Ali, la più brava cuoca, fu chiamata per cucinare qualcosa al sultano ma in casa aveva solo pane vecchio, latte, qualche spezia e della frutta secca… da cui uscì fuori però un dolce talmente delizioso che il sultano gli dedicò il nome e se la portò via con se.

E con il sapore di questo dolce quasi magico, abbiamo salutato l’Oman con un bel bagno in piscina di mezzanotte. A ripensare sotto le stelle a questo posto così speciale, che rimarrà nei nostri ricordi per sempre.

Link utili:


Six Senses Zighy Bay Oman

sexsenses.com/resorts/zighy-bay

20 Giugno 2018
2 Facebook Twitter Google + Pinterest
Tre giorni a Dubai tra mare, deserto e ristoranti internazionali

Non avevo mai considerato di andare a Dubai, soprattutto pensando che confina con un paese più suggestivo come l’Oman. Per questo, l’occasione è nata principalmente per andare a trovare degli amici che vivono lì da tempo e che ci hanno reso la visita di questa città sicuramente più affascinante.

Ecco allora la mini guida “local” dei miei posti preferiti per un week end a Dubai, ovviamente all’insegna del buon gusto!

Mare, food truck e ristoranti internazionali

Come primo consiglio, direi di iniziare a vedere Dubai direttamente dal mare. Noi il primo giorno siamo andati a kite beach e abbiamo prenotato le moto d’acqua. Così, tra un’onda e un’altra, in un misto di divertimento e relax, abbiamo visto alcune principali attrazioni della città come la Palma, la Vela, la zona internazionale di Marina bay. Avvicinata ora di pranzo, il “must” del luogo è sicuramente Salt, il famoso un food truck parcheggiato di fronte al mare che fa gli hamburger “più buoni del mondo”.

Un’altra zona marittima imperdibile è La Mer. A Dubai non esistono tanti posti dove poter farsi una passeggiata e proprio per questo hanno creato quest’area ad hoc piena di negozi, murales e locali, da visitare sia di giorno che di sera. Noi siamo andati a cena da Aghatti, un ristorante di alta cucina irachena che abbiamo voluto assaggiare proprio perché difficilmente ci ricapiterà di mangiare i piatti tipici di questa cultura. Da non perdere: il masgouf (un pesce di acqua dolce molto saporito e consistente, tipico di questa cucina), l’insalata fattoush, il puré di melanzane e l’hummus con la pita preparata calda al momento!

 

Innovazione e multiculturalità

Ovviamente un’altra caratteristica di Dubai è la sua anima innovativa e il punto di partenza per conoscere questo aspetto della città è senza dubbio visitare il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. Oltre a questa tappa obbligata, consiglio assolutamente di cercare qualche spettacolo in città. Noi ad esempio, siamo andati a vedere la Perle by Dragone, uno show costruito attorno all’innovativo teatro acquatico di Dubai. Particolarità del palco è, infatti, la presenza al centro di un’enorme piscina, all’interno della quale numerosi artisti e acrobati si esibiscono in spettacolari esercizi aerei e acquatici. Per me, imperdibile.

Per coronare l’aspetto multiculturale di Dubai, noi siamo andati a cenare da Coya, il ristorante peruviano all’interno del Four Seasons Resort. L’atmosfera elegante del locale si fonde con un menu ricco di specialità peruviane davvero indimenticabili. Siamo partiti con un tris di antipasti a dir poco deliziosi: un guacamole preparato sul momento, due tipologie di tacos, una al salmone e l’altra al granchio e un piatto di tiraditos di ricciola con il tartufo. Poi è arrivata la vera magia della serata: la selezione di ceviches firmate dal ristorante servita su un vassoio colmo di ghiaccio.

 

 

Ogni tipologia di pesce (spigola, tonno, salmone, dentice) era condita con una maestria tale da esaltare la freschezza della materia prima. Non avevamo più posto per il dolce ma una cena così me la ricorderò per molto tempo!

Per chiudere in bellezza, siamo andati a prendere un cocktail al Treehouse, nella terrazza dell’hotel Taj Dubai. Sembra di stare a New York, se non fosse per la terrazza che si affaccia su uno splendido Burj Khalifa illuminato di notte. Il posto ideale per respirare l’atmosfera internazionale che si vive in questa città.

Safari e cena tipica nel deserto

Ultima tappa della vacanza è senza dubbio il giro nella magica Dubai Desert Conservation Reserve (DDCR). Il paesaggio è unico: si incontrano antilopi e falchi, si vede la flora e la fauna che riesce ad adattarsi anche in questo ambiente, si passeggia a piedi nudi nelle soffici dune della riserva ammirando il silenzio che la circonda. Il tutto con la luce del tramonto che illumina il rosso del deserto.

 

Poi, la cena tipica nel campo beduino. Siamo stati accolti da datteri e gahwa (il tipico caffé arabo), per poi continuare con la pita e le carni tradizionali come agnello, pollo e cammello serviti con riso semplice o con le verdure.

Abbiamo concluso la serata con una bella chiacchierata assaporando la shisha e godendoci le stelle che illuminavano il deserto. Non potevamo scegliere un modo migliore per salutare questa multi-sfaccettata Dubai.

Link utili:


Dubai Kite Beach

dubai-jetski.com

find-salt.com

Dubai La Mer

lamerdubai.ae

aghatti-restaurant.ae

Dubai Burj Khalifa

burjkhalifa.ae

La Perle by Dragone

laperle.com

Coya Restaurant

coyarestaurant.com

Treehouse

treehousedubai.ae

Dubai Desert Conservation Reserve

ddcr.org

Platinum Heritage

platinum-heritage.com

19 Maggio 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
A Cancale, nella patria delle ostriche francesi

Sono poche le situazioni in cui bastano due ingredienti per rendere i momenti davvero unici. Cancale è uno di questi esempi e si riassume in poche parole: ostriche in riva al mare.

Siamo arrivati a Cancale durante un week end lungo in Bretagna, un luogo ricco di poesia e romanticismo. Il percorso che ci siamo disegnati aveva come partenza Nantes e punto di arrivo Rennes, intervallate da visite a castelli magnifici e lunghe passeggiate alla scoperta di borghi deliziosi.

Tra questi, siamo stati particolarmente colpiti dalla bellissima Dinan, che ci ha rapito letteralmente il cuore con il suo fascino medievale, le sue strade acciottolate e quell’atmosfera quasi fiabesca. Noi l’abbiamo scelta anche come tappa per visitare Mont Saint Michel, innalzato su un isolotto circondato dallo spettacolo delle grandi maree. Una passeggiata in salita ci ha portati fino all’abbazia da cui si gode una vista mozzafiato.

E come si dice? Non c’è due senza tre.

E per questo, alla lista di questi posti da non perdere io ne aggiungo senz’altro anche un altro: Cancale, distante solo 50 minuti da Mont Saint Michel e a 30 minuti da Dinan. Questa volta la tappa che abbiamo scelto ci ha portato nella patria delle ostriche francesi. Il massimo dell’esperienza è andare direttamente al porto e prendere un vassoio di ostriche miste nel marché aux huitres, il mercato dei pescatori.

Con una decina di ostriche a testa di dimensioni e consistenze diverse, ci siamo fermati a gustare il nostro pranzo davanti alla baia dove si possono vedere gli allevamenti di questi molluschi.  Muniti di una fetta di limone e accarezzati dalla brezza marina, l’apertura delle conchiglie è stato un momento sublime. E l’esaltazione del sapore delle ostriche si è rivelato, in questa cornice, quasi da sogno.

Procuratevi una bottiglia di Champagne se volete festeggiare il momento nel migliore dei modi. E sono sicura che esperienze come questa riuscirebbe a convincere anche le persone più scettiche.

Provare per credere.

Link utili:

Dove dormire a Dinan

lamaisonpavie.com

Cancale

bretagna-vacanze.com

Mont Saint Michel

it.normandie-tourisme.fr

10 Aprile 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Fuga fuori porta da Antonello Colonna Resort & Spa

A un’ora da Roma circa si trova l’Antonello Colonna Resort & Spa, una struttura minimal e moderna rifugiata nella campagna di Labico.

Aspettavo questo week end con tanto entusiasmo. Prima di tutto perché era il regalo di Natale del mio ragazzo Matteo. E poi perché, a pochi chilometri da Roma, sapevo di trovare in un’unica struttura la concentrazione di tre cose che adoro: design, spa e alta cucina.

Da vivere proprio in quest’ordine.

Primo il design. Con un tocco minimal che caratterizza tutta la location, ci si immerge subito in un luogo fuori da tutto. Grazie agli ampi spazi, le lunghe vetrate ed un arredamento artistico, si respira eleganza e modernità ad ogni passo.

Seconda, la spa. Una zona intima, con luci fioche, per poche persone. E un massaggio relax alle erbe semplicemente da sogno. Soprattutto dopo gli ultimi massaggi thailandesi a cui eravamo stati abituati, questa ci è sembrata decisamente una dolce coccola.

E infine, la cena gourmet. Non ero mai andata ad un ristorante dello chef Colonna, e già vi anticipo la fine… mi sono alzata da tavola felice e innamorata.

Si, perché già dall’antipasto avevamo capito che avremmo mangiato benissimo: mantecato di baccalà in coppa… e per una come me che non è una grande fan del baccalà, questo antipasto mi ha fatto impazzire. Da intingere fino in fondo con il cucchiaio, per prendere tutti gli ingredienti. Consiglio dello chef, che abbiamo seguito alla lettera.

E’ stato poi il momento dei due primi, da mangiare con il cucchiaio. Abbiamo iniziato con i Cavatelli con seppie, lupini e calamaretti per poi arrivare al piatto signature dello chef: Negativo di carbonara, dove il gusto del pecorino è racchiuso direttamente all’interno del raviolo… ovvero come trasformare un piatto popolare in un’opera d’arte.

Arrivati al secondo, abbiamo sentito l’arrivo del nostro piatto da un profumo che faceva già immaginare un momento da sogno: rollé di faraona, foie gras e chutney di pere. Semplicemente indimenticabile.

Per chiudere, un diplomatico con crema, cioccolato e caramello al sale. E i dolcetti dello chef.

Un menù pensato nei minimi dettagli, dove si percepisce la cura durante tutto il percorso di degustazione, ma anche nel servizio attento e veloce. Un’ottima esperienza e una bellissima fuga fuori porta, da ripetere quando potremmo provare anche la piscina esterna.

Link utili:

Antonello Colonna Resort & Spa

antonellocolonna.it/resort-spa/

31 Marzo 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Cena di lusso con l’Aurora Boreale

E’ tempo di neve. Pur non essendo una sciatrice, la neve mi piace tantissimo perché mi riconcilia con la natura e mi richiama subito alla memoria il viaggio più bello della mia vita: in Norvegia a vedere l’Aurora Boreale.

Siamo partiti l’anno scorso, in questo stesso periodo, e abbiamo trascorso la parte centrale della vacanza in un posto magico: il Lyngen Lodge, un boutique lodge che offre tutto il meglio per vivere questa esperienza di vita, dalle escursioni sulla neve alle cene di lusso.

E’ una struttura molto piccola, con 16 posti letto, che si affaccia direttamente su un fiordo della Norvegia dove “l’inquinamento” delle luci artificiali è bassissimo, il che favorisce la vista dell’Aurora Boreale. Quindi nessuna “fatica” o incertezza per la caccia alle Luci del Nord perché, se le condizioni atmosferiche lo consentono, in questo luogo la vista è assicurata.

Il programma del Lyngen lodge è curato nei minimi dettagli. La mattina si può scegliere tra le varie escursioni all’ aperto (quella con le slitte trainate dai cani è meravigliosa) che si concludono con un buonissimo pranzo, generalmente una zuppa di pesce, da mangiare davanti ad un falò sulla neve. Oppure, per i più esperti, si può scegliere di fare lo sci alpino. Abbiamo visto alcuni video di questa esperienza ed è davvero indimenticabile perché si prende una barca per andare a sciare, si risale il crinale del fiordo con gli sci in spalla e si riscende la montagna affacciati sul mare del fiordo. Credo che non ci sia spettacolo più bello per gli appassionati sciatori.

Il pomeriggio si rientra in hotel per un momento di puro relax. Il lodge mette a disposizione frutta, succhi, tè e dolcetti per potersi rilassare di fronte al camino oppure si può usufruire della sauna e della vasca idromassaggio riscaldata all’aperto. Per chi non riesce a stare fermo, si può scegliere di organizzare una ciaspolata serale accompagnati da una guida per vedere le prime luci dell’Aurora Boreale.

Arrivati all’ora di cena, lo chef del lodge richiama tutti gli ospiti per mangiare insieme nel tavolo condiviso. Ho trovato questo momento davvero carino perché ho conosciuto persone di tutte le nazionalità e, come sapete, amo i momenti di integrazione che si creano grazie alla cucina. A cena, quindi, ci è stato presentato ogni volta un menù diverso a base di ricette norvegesi, preparate con grande maestria: antipasto, secondo e dolce a seconda dei prodotti di stagione. La carne di cervo è stata indimenticabile.

A rendere tutto più magico, tra una portata e l’altra, ogni sera l’Aurora Boreale si è manifestata nella sua bellezza più unica. Bastava affacciarci dal logde per ammirare questo bellissimo spettacolo ed immortalarlo in immagini indescrivibili. Seppur sprovvisti di una macchina fotografica, siamo riusciti anche noi nell’opera di fotografare l’Aurora Boreale grazie all’app NothernLights. Consigliatissima.

Un’esperienza davvero unica. Dove bastano tre notti per staccare completamente dalla realtà ed immergersi in un sogno senza fine.

 

Link utili:

Lyngen Lodge

lyngenlodge.com

13 Marzo 2018
1 Facebook Twitter Google + Pinterest
Post più nuovi