Dimenticatevi la Carbonara, l’Amatriciana e la Gricia. I piatti romani che propone il ristorante Tordomatto sono quelli più popolari, un pò dimenticati, che lo chef Adriano Baldassare recupera dal passato per portarli a nuova vita.
Coda alla vaccinara, coratella, animelle… Com’è possibile valorizzare questi ingredienti tanto da farli diventare dei piatti Michelin? Con questa domanda iniziamo la nostra esperienza da Tordomatto.
Entriamo nel ristorante. Un locale sobrio ma intimo, che diventa subito caloroso grazie all’ospitalità con cui veniamo accolti. Di sottofondo, una colonna sonora delle canzoni italiane del passato, che accompagneremo canticchiando per tutta la sera. L’atmosfera ci piace.
Poi arriva il menù. Siamo curiosi di scoprire lo Chef Adriano Baldassare nella sua essenza, così decidiamo di seguire il percorso “Tradizione in-Progressione”. Un viaggio di 10 portate che ripercorre la tradizione dei quartieri di Roma e dintorni, attraverso uno sguardo più moderno.
In questo percorso ci accompagna Il maitre e sommelier Simone Romano, che ci spiega aneddoti e particolarità della storia di Roma che hanno ispirato i piatti dello Chef.
Il racconto che mi ha incuriosito di più è stato proprio quello del benvenuto: un bigné salato con prosciutto, fichi e foie gras. Dove scopro che il foie gras non è una contaminazione francese, bensì un ingrediente già ampiamente utilizzato nella cultura romana antica. Tanto che la parola “fegato” deriva dal latino “ficatum” proprio perché descrive quella parte dell’oca che si mangiava insieme ai fichi. Un abbinamento così forte, da aver dato origine alla parola stessa. E che rende il gusto del classico “prosciutto e fichi” ricco e affascinante.
Così dal primo boccone mi lascio piano piano conquistare da questa ricerca accurata e dettagliata del passato. Un passato che diventa subito nobile, moderno, avvolgente.
Questa sensazione la vivo in particolare quando assaggio la coratella con la salvia, un aperitivo tipico delle fraschette dei Castelli Romani. Che da Tordomatto diventa una pralina elegante, preziosa, che si scioglie in bocca. Bella da vedere, e con un sapore esplosivo.
La stessa esplosione di gusto la sento anche per la coda alla vaccinara. Me ne innamoro appena la vedo arrivare in formato mini, dorata e fritta, servita su un piatto rialzato di argento. “Preparata con il sugo ristretto al cacao, come vuole la tradizione” ci dice il maitre Simone Romano. E da mangiare con le mani. Una delizia assoluta, il mio piatto preferito.
Mi piace molto questa idea di vedere ingredienti poveri e scartati diventare protagonisti di piatti ricchi e succulenti. Che in alcuni casi vengono reinterpretati per renderli più attuali ma che in altri casi ci vengono presentati così, puri.
Come le animelle con carciofi e mentuccia, della zona di Trastevere. O i Ravioli di broccoli in minestra di arzilla, del quartiere Ripa. O ancora, la Vitella alla Fornara del rione Testaccio.
Questi piatti ci vengono presentati nella loro immensa semplicità, sia del punto di vista della cottura che dal punto di vista della presentazione. Semplici quanti complicati. Perché è grazie all’estrema cura e rispetto con cui l’ingrediente viene preparato, che lo Chef riesce a ridisegnarne l’esperienza, valorizzandone gusto e percezione.
Lascio un piccolo spazio per il dolce ed entriamo nella zona del ghetto ebraico. Lo Chef ci propone il pane challah rivisto con il burro e presentato a forma di rosa. La mia felicità nell’intingere questa brioche calda nel burro vanigliato, nella marmellata di arancia e nello zabaione al marsala è davvero indescrivibile. Anche qui piena vittoria della semplicità.
A firmare questa cucina arriva lui, lo Chef Adriano Baldassare. Un cuoco giovane, accogliente, sorridente. Che si ferma a parlare con noi. A raccontarci di lui e ad interessarsi di come abbiamo vissuto questa esperienza. Assolutamente magica.
Lo Chef ci saluta invitandoci a scoprire la sua nuova trattoria popolare che ha aperto sull’Appia, l’Avvolgibile. E noi, non possiamo che appuntarci questo nome e prometterci di andarlo a trovare nella sua nuova esperienza romana.